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A Cultural History of the Ottomans

The Imperial Elite and its Artefacts

Suraiya Faroqhi author

Format:Hardback

Publisher:Bloomsbury Publishing PLC

Published:24th May '16

Currently unavailable, and unfortunately no date known when it will be back

A Cultural History of the Ottomans cover

Combines social history and cultural studies, with beautiful illustrations of rare artefacts brought together for the first time

Far from simply being a centre of military and economic activity, the Ottoman Empire represented a vivid and flourishing cultural realm. The artefacts and objects that remain from all corners of this vast empire illustrate the real and everyday concerns of its subjects and elites and, with this in mind, Suraiya Faroqhi, one of the most distinguished Ottomanists of her generation, has selected 40 of the most revealing, surprising and striking.Each image - reproduced in full colour - is deftly linked to the latest historiography, and the social, political and economic implications of her selections are never forgotten. In Faroqhi's hands, the objects become ways to learn more about trade, gender and socio-political status and open an enticing window onto the variety and colour of everyday life, from the Sultan's court, to the peasantry and slavery. Amongst its faiences and etchings and its sofras and carpets, A Cultural History of the Ottomans is essential reading for all those interested in the Ottoman Empire and its material culture. Faroqhi here provides the definitive insight into the luxuriant and varied artefacts of Ottoman world.

Surayia Faroqhi, ottomanista affermata e attenta ai molteplici aspetti dell’artigianato, delle corporazioni e dei consumi in quel mondo articolato che è stato l’impero ottomano, ritorna con questa “Cultural history of the Ottomans…” sull’argomento, guardando soprattutto alla cultura materiale, affrontata in un rapporto costante con la storia economica, le relazioni internazionali, il mondo dell’arte e la storia della mentalità. La prima considerazione è che ci si trova di fronte a un contesto, quello ottomano, che non si è confrontato solo con l’Europa – in ciò che transfer tecnologico, apparato manifatturiero e correnti artistiche avevano rappresentato – ma ha guardato in molteplici direzioni, non ultimo quel mondo orientale che sicuramente per arti e tecniche non era stato certo inferiore al modello occidentale. L’impero ottomano era stato dunque in grado non solo di mediare tra influssi intercontinentali complessi ma anche, secondo le conclusioni della Faroqhi, di sottolineare la propria originalità. Certamente l’Autrice riconosce che in alcuni ambiti, come l’arte della stampa e la diffusione del libro, l’Occidente avrebbe rappresentato un esempio non sempre seguito dal mondo islamico, un aspetto questo che avrebbe giocato negativamente in un successivo confronto rispetto al mondo occidentale e a una successiva “affermazione” economica e istituzionale di quest’ultimo. E’ altrettanto vero però che l’articolata produzione di beni di lusso orientali (tappeti ottomani e persiani, seterie e porcellane cinesi, cotoni indiani, lavorazioni del cuoio e delle armi) aveva sicuramente rappresentato una corrente economica e artistica a cui il mercato europeo aveva costantemente guardato. Una dovuta attenzione è rivolta ai rapporti veneto-ottomani (considerati in uno scambio pressoché paritario sia sotto il profilo manifatturiero che artistico), ma è tutto il contesto internazionale che è stato analizzato con acribia e rara sensibilità dalla Faroqhi. Si è guardato dunque sia all’influsso francese (nella costruzione di palazzi e giardini) che a quello asburgico (la metallurgia e gli orologi di Augusta e Norimberga), come a quello indiano e cinese. Si è sottolineato ad esempio come i cotoni indiani fossero presenti da lunga data nel mercato interno ottomano attraverso la mediazione egiziana. Gli argomenti sono stati presentati con un approccio multidisciplinare in densi capitoli, traendo vantaggio da ciò che le conoscenze museali, tecnologiche, artistiche, letterarie possono darci, non dimenticando ciò che la storia della mentalità poteva significare nella costruzione del manufatto e dell’oggetto nobiliare. Un solo esempio è quello che ci è dato dal concetto di “dono” negli scambi diplomatici e nei rapporti internazionali. O ancora come le tre religioni (il cristianesimo, coniugato nella corrente armena e ortodossa, l’ebraismo e l’islamismo) avessero dei correlati precisi nel mondo artistico e manifatturiero. L’artefatto e la cultura materiale hanno permesso in definitiva alla Faroqhi di trasportarci in modo esemplare all’interno del cibo e della sua storia; nel sistema di moda e nell’abbigliamento, quali si svolgevano all’interno di classi sociali e di gruppi etnici molto diversi tra loro (una contrapposizione tra musulmani e le altre popolazioni rimase purtuttavia immanente); nell’approvvigionamento idrico delle città ottomane e di Istanbul in particolare; nella difesa di fronte ai pericoli che gli elementi naturali (“earth, water, air and fire”) rappresentavano.
Un mondo ottomano che è stato rappresentato dall’iconografia occidentale (ma anche orientale, risultando molto incisivo l’influsso persiano) talvolta in modo artefatto e di maniera, attraverso modelli ripetitivi, non essendo sempre facile per gli “occidentali” e i veneziani di penetrare all’interno di moschee e di palazzi imperiali al fine di raffigurare in modo realistico i sultani dell’epoca e i loro costumi: turbanti, scarpe di seta, spade riccamente articolate. Non diversamente peraltro dall’iconografia europea i sultani erano spesso rappresentati come guerrieri vittoriosi a cavallo, anche se in realtà pacifici e attenti a politiche interne e legislative. Un mondo in definitiva di “artefacts” elitari (ma non solo, come abbiamo rilevato precedentemente), carico di storia e riflesso di una cultura identitaria e originale appassionante. Sappiamo da tempo che una supposta contrapposizione tra “Oriente” e “Occidente” fosse molto più articolata di quanto il confronto bellico ed economico potesse farci concludere. I rapporti, talvolta ostili talvolta diplomatici talvolta non belligeranti tra Venezia e il mondo ottomano sono in questo senso un ottimo esempio. Lo studio della Faroqhi ci ha offerto materiale abbondante e ricco di risvolti economici e artistici su cui riflettere, ricordandoci quanto l’attenzione che solitamente rivolgiamo alle nobiltà e ai contesti europei non deve risultare minore nei confronti di questo mondo.

-- Salvatore Ciriacono * Nuova Rivista Storica, Turcica 49, 201

ISBN: 9781784530969

Dimensions: unknown

Weight: 728g

336 pages